La progettazione del verde deve tenere conto di tutti i possibili benefici che le piante ci possono offrire da quelli paesaggistici a quelli ambientali. Sono molti i benefici ambientali (miglioramento del microclima, fissazione della CO2, purificazione dell’aria, riduzione del rumore, miglioramento del bilancio idrico, controllo dell’erosione, ecc. ecc.), che le piante apportano ma uno degli aspetti più importanti, anche se meno conosciuti, è quello dei benefici apportati alla qualità dell’aria. Le piante sono infatti in grado di rimuovere grandissime quantità di alcuni dei principali inquinanti gassosi (CO2, NOx, CO, SO2, O3, ecc.) e di particolato atmosferico (PM, che contiene moltissime particelle tossiche), le cosiddette polveri inalabili. Le piante sono infatti in grado di svolgere un’azione filtrante nei confronti di queste sostanze in diversi modi che dipendono: dalle caratteristiche fisico chimiche delle molecole coinvolte, dalla superficie complessiva della pianta esposta all’aria (foglie, fusto, rami ecc.), dalla struttura della ramificazione, dalla rugosità delle superfici fogliari (per presenza di cere, peli ecc.) ma anche dalla capacità di effettuare scambi gassosi efficienti con l’atmosfera. In questo settore vi è stato un notevole progresso negli ultimi decenni che ha permesso la realizzazione di modelli matematici di simulazione, empirici e meccanicistici, in grado di stimare con grande precisione le quantità di inquinanti rimosse da una data porzione di terreno coperto dalla vegetazione (1). Di recentissima applicazione vi è poi l’utilizzazione di questi modelli per simulare gli effetti di un parco in fase di progettazione. Questo permette di indirizzare il progetto nel disegno delle strutture vegetazionali e nella scelta di specie e CV in maniera da ottimizzare anche i benefici del verde sulla qualità dell’aria (2). In Italia vi sono stati già alcuni esempi di applicazione di queste metodologie di simulazione matematica in progetti di parchi di nuove urbanizzazioni e di impianti industriali. In particolare ricordiamo il parco di ca. 50 ha del termovalorizzatore di Parma dove è stata eseguita una stima con un modello matematico (riferita ad una canopy con Leaf Area Index e caratteristiche vegetazionali ben determinate) della mitigazione esercitata dal verde sull’inquinamento atmosferico. Questi valori di deposizione secca oscillano dal 10 al 40% per ogni singolo inquinante deposto localmente (NO2, SO2 e PM10). La stima è prudenziale e si basa su una serie di assunzioni preliminari fatte in base alle simulazioni calcolate dai modelli delle emissioni del termovalorizzatore e all’inquinamento di fondo esistente dovuto alle varie sorgenti lineari e puntuali locali. Il parco è stato quindi progettato secondo queste indicazioni oltre che tenendo conto di input di tipo paesaggistico, ecologico, estetico, funzionale, ecc. Studi recenti dimostrano anche che la messa a dimora di alberi, ad es. in aree dismesse in ambito urbano o periurbano, può essere un metodo per contenere il particolato entro i limiti legali di qualità dell’aria in città (3). Adesso che questo aspetto è diventato scientificamente dimostrabile è quindi fattibile poter progettare anche tenendo conto del contributo delle piante per il miglioramento della qualità dell’aria, utilizzandole davvero come rimedio contro l’inquinamento.
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Particolare di lamina fogliare “pulita”, cioè prelevata in area dove la presenza di particolato atmosferico era minimale. Foglia di leccio (Quercus ilex) ripresa al microscopio elettronico a scansione presso il Dip. di Biologia vegetale della Università di Firenze (Paolo Grossoni e Alberto Giuntoli).
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Particolare di lamina fogliare con presenza di particolato “catturato” dalla lamina fogliare. Foglia di leccio (Quercus ilex) ripresa al microscopio elettronico a scansione presso il Dip. di Biologia vegetale della Università di Firenze (Paolo Grossoni e Alberto Giuntoli)..
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Modalità di “cattura” delle polveri e degli altri inquinanti atmosferici. In linea generale si può affermare che i risultati migliori si ottengono utilizzando piante che hanno un’elevata efficienza nell’intercettare gli inquinanti per:
- presenza di numerosi rami,
- superficie fogliare abbondante (aumenta anche lo shelter factor) e ruvida,
- presenza di peluria,
- presenza di cere e di superfici bagnate che ne migliorano l’efficienza della raccolta.
In inverno le piante a foglia caduca continuano ad intercettare le particelle che si depositano sul fusto e sui rami.
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Bibliografia:
1) Nowak D.J., Crane D.E., Stevens J.C. Air pollution removal by urban trees and shrubs in the United States. Urban Forestry & Urban Greening 4 (2006) 115-123.
2) Giuntoli A., Rizzitelli S., Mancuso S., Bellesi S.. A pieni polmoni. Acer 4 (2007) 51-55.
3) McDonalda A.G. ,Bealeya W.J., Fowlera D. , Dragositsa U., Skibaa U., Smitha R.I., Donovan R.G., Brettc H.E., Hewittd C.N., Nemitza E.. Quantifying the effect of urban tree planting on concentrations and depositions of PM10 in two UK conurbations. Atmospheric Environment 41 (2007) 8455–8467.
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Dott. Alberto Giuntoli – Studio Bellesi-Giuntoli (info@studiobellesi.com www.studiobellesi.com)