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(titolo, relatore, laureando)

Mulino mediceo di S. Mauro a Signa. Ipotesi di consolidamento e adattamento.
Relatore: Prof. Arch. Silvio Van Riel
Correlatore/i: Arch. Pietro Pacciani
Laureando/i: Monica Bini
Anno accademico: 2002/2003

Premessa

L’edificio è situato a San Mauro a Signa (Firenze), proprio dove il canale macinante sfocia nel fiume Bisenzio.
Si tratta dell’ultimo dei tre antichi mulini medicei che prendevano acqua dal canale. Tali mulini furono ubicati lontano dal fiume poichè avrebbero ostacolato il deflusso delle acque dell’Arno, costituendo un serio pericolo in occasione di eventuali piene. Il contesto urbano dove sorge l’edificio risulta interessante, non solo per l’identità storico-culturale ancora presente, ma anche per la prossimità del nuovo parco fluviale realizzato nella zona dei renai.

Il manufatto: storia

Sia il canale macinante che il Mulino di S. Mauro furono costruiti a partire dal 1563 per ordine del Duca Cosimo I dei Medici, secondo il progetto dell’Ingegnere-Architetto Giovanni Caccini, Provveditore dei Fossi di Pisa e Ministro di Sua Altezza. Riguardo all’attività del mulino e ai suoi macchinari idraulici, ci perviene un importante descrizione risalente al 1746 attribuita a Bernardo Sgrilli e una perizia contenente il I° rilievo geometrico, fatto dall’architetto Giuseppe del Rosso. Da questi documenti appare evidente che l’edificio era dotato sia di impianti a ruote verticali, che di impianti a ruote orizzontali o “ritrecini”. Il primo importante ammodernamento quindi, è avvenuto nel ‘700 con l’introduzione del più efficiente impianto a ruota verticale. L’attività di questo edificio non ha mai subito nessuna interruzione fino all’ultimo dopoguerra. Infatti negli ultimi anni la macinazione, è avvenuta utilizzando i tre palmenti visibili tutt’ora, azionati da un’unica turbina ad asse verticale presumibilmente in acciaio, simile a quelle Francis impiegate nelle centrali idroelettriche. Il mulino a pianta rettangolare è disposto su due piani più il piano ammezzato; esso comprendeva anche l’abitazione del mugnaio. Il piano terra, adibito più che altro alla macinazione, conteneva quattro palmenti su un lato, alberesino, alberesone, marmino, marmone, e uno detto la stadera, sull’altro. Dalla sala dei palmenti attraverso una scala si accedeva al mezzanino composto da due stanze che servivano per accumulare il grano e da un terrazzo coperto. Proseguendo sulla medesima scala si sbarcava al primo piano in una grande cucina dalla quale si poteva accedere alla colombaia. Tale impalcato era composto anche da una grande sala e da quattro camere. Da questo livello, tramite un’altra scala, collocata più a ovest rispetto alla prima, si poteva scendere di nuovo ad un’altra porzione di mezzanino, composto da tre camere comunicanti (dimesso probabilmente fra il 1800 e il 1900). Scendendo ancora sulla medesima scala si giungeva di nuovo al piano terra dove vi era anche un sala, una cucina e una dispensa collegata alla sala dei palmenti.

L’intervento

Il consolidamento dell’edificio nasce sia dalla volontà di recuperare un patrimonio edilizio storico che possa essere testimonianza di un passato culturale non molto lontano, sia dall’esigenza di poter sfruttare nuovi spazi per decentrare, da una città ostruita dal traffico come Firenze, alcune attività. Riguardo a tale argomento però, devo premettere che qualsiasi ipotesi di riuso del Mulino è strettamente connessa alla cessazione dell’utilizzo del canale come linea cloacale. In questo modo il recupero del canale macinante e il riutilizzo del Mulino di S. Mauro potrebbero conquistare credibilità e arricchire l’attuale progetto del Parco dei Renai. Non va dimenticato, infatti, che il Mulino potrà costituire una “porta” di accesso al nuovo parco fluviale.

Linee guida del progetto

Nel progetto di adattamento ho tentato nei limiti del possibile, di ricostruire gli ambienti originari, riportando in funzione, a scopo didattico-dimostrativo il mulino a forza idraulica; non tanto per farne un museo fine a se stesso, ma un ambiente capace di fornire spunti didattici e desiderio di conoscenza. Gli ambienti al primo piano, di più difficile identificazione, probabilmente perché nel corso dei secoli si sono sovrapposte varie destinazioni d’uso; sono stati progettati immaginando l’edificio come sede degli uffici del Consorzio di Bonifica dell’area fiorentina. Infatti non dobbiamo dimenticare che l’area sulla quale è collocato l’edificio è sempre stata, dall’epoca romana fino ai giorni nostri, oggetto di un’eterna opera di bonifica. L’intervento di recupero ha richiesto una particolare attenzione anche per quanto riguarda l’immediato intorno dell’edificio; sul lato sud infatti, un capannone adibito a cartiera, costruito verso gli anni ’50, ha stravolto la configurazione del terreno appartenente al mulino. L’eliminazione di tale costruzione è stata necessaria, soprattutto per creare uno spazio che permettesse una migliore fruibilità dell’edificio, dal quale ho ricavato una zona verde per il relax e uno spazio adibito a parcheggio. Sul lato nord è necessaria una preliminare opera di consolidamento del terreno essendo questo argine stesso del Bisenzio. Ho pensato poi di rimodellare il terreno scavando fino alla quota del piano terra per ottenere un vasto affaccio panoramico sul Bisenzio. Per quanto riguarda la progettazione interna, i problemi che ho dovuto affrontare sono stati quelli riferiti all’abbattimento delle barriere architettoniche. L’edificio infatti presenta, al piano terra, varie differenze di quota, inoltre le rampe di scale per accedere ai piani superiori sono assai ripide. Per ovviare a queste difficoltà, sono stati introdotti alcuni servoscala ed è stata creata una zona centrale con i servizi (scala, ascensore, servizi ig8enici). Tale introduzione inevitabilmente sconvolge la struttura antica dell’edificio; è per questo che ho cercato di inserire strutture leggere e trasparenti nella parte più degradata e che, comunque, avrebbe richiesto un’opera di ripristino totale.

Il consolidamento

Dal punto di vista tecnologico nella fase del consolidamento, ho cercato di seguire, nei limiti del possibile, il principio della “riabilitazione strutturale”. A questo fine le scelte delle tecniche di consolidamento si sono rivolte al reimpiego dei materiali e degli elementi esistenti, escludendo il più possibile procedimenti invasivi. L’intervento si caratterizza dal discreto grado di conservazione delle murature e dei solai voltati, mentre la copertura e i solai lignei sono stati oggetto di un consolidamento e un rifacimento quasi totale, al fine di soddisfare le verifiche statiche.

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