Il presente contributo riassume la struttura di una tesi di dottorato conclusa nell’a.a. 2009/2010 nell’ambito del XXII ciclo di dottorato in Storia e Geografia d’Europa, presso il Dipartimento di Discipline Storiche, Geografiche e Antropologiche dell’Università di Bologna. Oggetto della ricerca sono i paesaggi agrari e rurali, in particolare le nuove agricolture fondate sul metodo biologico, sul recupero dei saperi locali e tradizionali e sulla filiera corta. Il palcoscenico delle vicende narrate è in primo luogo il territorio rurale dell’Emilia-Romagna e in particolare del Bolognese, ma l’attenzione è rivolta in generale alle nuove relazioni che la campagna intrattiene con le maglie sempre più estese e sfilacciate del tessuto urbano, anche da un punto di vista teorico e in base ad esperienze fuori regione, in ambito italiano ed europeo. Filo conduttore tra città e campagna sono le reti di produttori e consumatori che ricercano nuovi stili di vita, processi di produzione e consumo ecologici. Lo scambio locale, i suoi luoghi e le sue reti, appaiono il punto di incontro di attori e progettualità, che creano nuove configurazioni territoriali e nuovi flussi di comunicazione e di senso all’interno delle comunità locali.
Il paesaggio, inteso come oggetto complesso, si configura come categoria chiave per lo svolgimento dell’analisi e come strumento in grado di esprimere i fenomeni territoriali in una visione insieme sintetica e complessa. La prima parte del lavoro è stata rivolta all’elaborazione di una cornice teorica di riferimento, per fornire un contesto metodologico adeguato al lavoro di ricerca sul campo. Si è rivelato necessario superare l’ambiguità che alla categoria paesaggio è attribuita nel campo della geografia umana, e definire il punto di vista della ricerca. Non secondaria è stata la riflessione intorno ai concetti di “urbano” e “rurale” e alle relative configurazioni territoriali; concetti e strutture che, viste le trasformazioni degli ultimi decenni, non appaiono più univoche e di facile lettura. La prospettiva che si è venuta a delineare si concentra non solo sul paesaggio come costrutto storico, segno delle relazioni del passato tra uomo e natura, ma anche sulle pratiche di produzione e consumo e sugli stili di vita come elementi che fondano il paesaggio, attuale e futuro. Il ragionamento alla base del lavoro si sviluppa intorno ai nessi informazione - consumo - territorio e pratiche - rappresentazioni, e si avvale di contributi della sociologia del consumo, della sociologia rurale e della geografia culturale per proporre strumenti di analisi e valutazione complessi sui processi territoriali.
Le pratiche e le rappresentazioni legate alla sostenibilità ecologica dell’agricoltura e dei consumi sono considerate come un discorso, una narrazione che contribuisce al disegno del paesaggio, che a sua volta le influenza. L’agricoltura e la produzione agroalimentare, in questo modo, vengono riconosciute responsabili anche della produzione di beni pubblici. Il paesaggio, e in questo caso il paesaggio agrario, è visto come prodotto dell’attività umana ma anche come linguaggio in grado di rendere conto della relazione uomo/natura, nel caso specifico attraverso l’analisi delle pratiche e delle rappresentazioni dei produttori e consumatori “critici”.
Il cuore della ricerca sono le relazioni e le interazioni tra i sistemi agricoli e i sistemi insediativi, attraverso l’analisi degli stili di vita e dei processi di produzione e consumo. Il lavoro svolto tenta di mettere in rilievo la relazione reciproca tra processi culturali e modelli di sviluppo: la convinzione che sottende la tesi è che le relazioni attraverso cui i singoli e le società producono e si servono dei beni di consumo siano testimoni di sistemi di valori, rappresentazioni culturali, in particolare in riferimento al rapporto con la terra e gli ecosistemi. Dagli anni Settanta ad oggi sono in continua crescita i soggetti e i gruppi che tentano di diffondere una visione alternativa a quella dominante, orientata al rispetto delle relazioni ecologiche e sociali che sono in grado di riprodurre equilibri stabili per il pianeta o, più che altro, per il genere umano. Queste visioni passano sempre più, e si riproducono, non solo attraverso discorsi e comunicazioni intellettuali, ma anche attraverso la diffusione di abitudini di consumo critico, autoproduzione, scambio non mediato dal denaro ecc. Un vero e proprio linguaggio delle pratiche, che probabilmente ha una diffusione molto lenta ma che per chi inizia questo percorso si configura come un insieme di cambiamenti estremamente radicati, come una vera e propria rivoluzione quotidiana, in continua evoluzione.
La struttura del lavoro, dunque, è orientata a dimostrare il rapporto tra le pratiche di produzione e consumo agroalimentare e il paesaggio, inteso come segno e specchio della relazione tra uomo e natura. La prima parte del lavoro è costruita più come una mappa concettuale, utile per contestualizzare i temi considerati e elaborare una prospettiva capace di integrare i differenti livelli di analisi e campi tematici considerati. La tesi si inscrive nel dibattito più ampio sullo sviluppo sostenibile e sulla ricerca di una “decrescita felice” da parte delle società, intesa come alternativa, anche culturale e relazionale, al pensiero unico utilitarista, per molti indispensabile per far fronte al precario equilibrio globale e alla crisi ecologica che stiamo vivendo. Il paesaggio, in questo orizzonte, si identifica come uno strumento utile per comunicare il rapporto tra società e natura e come categoria capace di veicolare percezioni e rappresentazioni soggettive e, a volte, alternative, che sono leggibile come nuovi progetti di territorio.
Per elaborare questa concezione è stato necessario fare riferimento all’ampia letteratura sul paesaggio e considerarla criticamente, tracciando il percorso evolutivo di un concetto che è storicamente centrale nella geografia umana e che negli ultimi anni è risultato essere sempre più attuale anche nel dibattito pubblico e soprattutto nelle politiche europee. La prospettiva teorica della tesi, dunque, costituisce un percorso che va dallo sguardo estetico sul paesaggio, a quello descrittivo, passando dalla concezione strutturale gambiana e dalla visione semiotica della geografia culturale, fino alle proposte e agli studi più recenti che sostengono una concezione olistica di paesaggio, per giungere infine ad accogliere e supportare la visione territorialista, nelle sue contaminazioni con la prospettiva bioregionale e con l’agroecologia.
Nella prospettiva così definita si tenta di coniugare scienze umane e scienze naturali per quanto riguarda la riflessione sui legami tra paesaggio e agricoltura, considerando gli effetti ambientali e territoriali dell’agricoltura insieme ai fenomeni economico-sociali e culturali ad essa collegati. Ampio spazio è dedicato allo studio delle alternative ricercate da gruppi di cittadini e consumatori nelle pratiche quotidiane, soprattutto della vendita diretta di prodotti biologici, delle reti sociali che intorno ad esse si formano e della proposta culturale che rappresentano. Il paesaggio si viene a considerare, così, come spazio per l’immaginazione territoriale, come punto di incontro tra il complesso dei valori culturali, da un lato, che orientano l’azione delle società, e le forme e le strutture territoriali dall’altro lato. Nell’ottica di una tutela e di un “restauro attivo” del paesaggio, sono valutate positivamente le esperienze che costituiscono occasioni per la riproduzione delle strutture territoriali e paesistiche attraverso le pratiche economiche e sociali. Il paesaggio, infatti, va osservato come frutto dell’attività umana e, in questo senso, l’agricoltura ecologica e di qualità si manifesta come attività capace di valorizzare o rigenerare ambiti abbandonati o degradati, producendo non solo prodotti biologici, che rispettano l’ambiente, ma anche servizi sociali (come nel caso dell’agricoltura sociale), per il tempo libero, attività e strutture in grado di riavvicinare gli abitanti al territorio locale.
Per quanto riguarda il vero e proprio lavoro sul campo, oltre ad appoggiarsi alla consultazione bibliografica, di siti web e riviste del settore, alla gestioni di dati statistici ed economici, alla riflessione sulle politiche e sulle azioni della pianificazione territoriale, si è tenuto conto anche della partecipazione attiva a reti locali di produttori biologici e “consumatori critici” e dell’esperienza personale di vivere in un’area cardine per i temi affrontati, una zona periurbana collinare della Provincia di Bologna. E’ in questa parte che si riportano i frutti di un lavoro di ricerca ispirato all’etnografia, ma radicato nell’ambito della geografia umana. Si sceglie, così, la via del racconto, appoggiandosi all’idea di Michel de Certeau secondo cui <>, e si elabora una tessitura che ricongiunge gli elementi raccolti attraverso l’osservazione partecipante, l’intervista, ma anche mediante la semplice osservazione di quanto accade alla scala locale e dal fatto di vivere il territorio attraverso la conoscenza diretta degli attori, che vivono il contesto rurale in modi diversi, per pratiche e valori culturali.
Grazie alle storie che raccontano attori e “personaggi” (cioè soggetti che testimoniano casi esemplari dei fenomeni studiati), grazie alla frequentazione di reti e “teatri” (ossia luoghi, - o momenti particolari dei luoghi – in cui si raccontano esperienze significative per gli oggetti di studio) sembra possibile fornire una rappresentazione complessa e a tutto tondo, umanistica, di quel contesto così sfuggente e multipolare che è il territorio, con la consapevolezza che il racconto e la narrazione, cioè rappresentazioni culturali, alimentano e animano il territorio. In un momento in cui diverse rappresentazioni ampiamente diffuse sembrano andare in crisi, a cominciare da quella dell’economia neoliberale (e dei processi territoriali che ha generato), si è cercato in questa sede di dare voce a nuovi racconti e narrazioni emergenti che possano aiutare a sognare, immaginare, descrivere e, a piccoli passi, costruire, un’alternativa. Un’alternativa che, grazie a esperienze minute ma in crescita è già in atto, contribuisce a preservare e rigenerare i paesaggi rurali contemporanei, dimostrando concretamente le possibilità di innescare nuovi processi di territorializzazione.