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(titolo, relatore, laureando)

Ex Stazione di Vedetta della Marina Mercantile a Rimini (RN). Ipotesi di consolidamento ed adattamento.
Relatore: Prof. Arch.C. Blasi
Correlatore/i: Prof. Arch.S. Van Riel
Laureando/i: Cinzia Rinaldi
Anno accademico: 1995/1996
Premessa
La città di Rimini viene definita città di mare e come tale sembra essere nata e tale è rimasta nonostante nel corso della sua storia abbia rivestito anche altri ruoli importanti. Il rapporto con il mare è sempre stato molto forte fin dall’antichità. Non è certo casuale che le prime monete fuse della colonia riminese di diritto latino rechino simboli marini. La città ha sempre avuto bisogno del mare. Rubriche su rubriche di antichi statuti parlano del porto e delle attività ad esso connesse; illustri ingegneri lo hanno studiato e modificato; i riminesi lo hanno reso da naturale ad artificiale nel tentativo di controllarlo e di migliorarlo. Il porto quindi, ha sempre rivestito una grandissima importanza per la città di Rimini determinandone addirittura l’origine e condizionandone la fortuna e lo sviluppo.

Introduzione

La cultura architettonica ufficiale, nel corso dei secoli, si è ostinata a considerare opere d’arte soltanto i manufatti che rispondevano a parametri codificati nelle varie epoche storiche o che comunque esprimevano spinte innovatrici sul piano dello stile e dei contenuti. Con la riscoperta attuale del cospicuo patrimonio esistente, si è proceduto alla rivalutazione della cosiddetta “architettura minore”; essa effettivamente si colloca ai margini del flusso più innovativo e creativo, ma talora ne sa riecheggiare spunti e temi che rendono l’opera degna di conservazione e di memoria.Si può convenire che l’atto conservativo migliore non sia costituito da un confinamento museale dell’opera, ma da un suo sapiente riutilizzo funzionale nel pieno rispetto dei caratteri architettonici del manufatto.
Nella città di Rimini esistono manufatti di architettura cosiddetta “minore” che necessitano di essere conservati e rivitalizzati. Un significativo esempio è costituito dall’ex Stazione di Vedetta della Marina Mercantile. Questo edificio realizzato tra la fine degli anni quaranta e l’inizio degli anni cinquanta, è stato progettato e costruito con una collocazione e un orientamento ben determinati per assolvere a precise funzioni militari. Si intuisce pertanto l’importanza strategica di cui beneficiava il manufatto sin dalla sua origine essendo  l’unica costruzione di un certo valore nell’area circostante. Per questa ragione, con il passare degli anni, ha assunto una particolare rilevanza diventando un punto di riferimento.
L’articolazione spaziale e la distribuzione funzionale degli ambienti, i caratteri stilistici e costruttivi, i materiali e le tecnologie adottate, rispondevano a precise esigenze della società e dell’epoca nella quale l’edificio era stato progettato, riflettendo una sensibilità e un gusto di indubbia raffinatezza. Con il trascorrere degli anni, mutando radicalmente il quadro socio-politico ed economico nel cui contesto l’edificio era stato progettato, si è avuto l’adattamento a nuove realtà tramite successive modificazioni strutturali tra le quali un considerevole intervento di ampliamento.
La profonda trasformazione del tessuto edilizio retrostante dovuta alla ricostruzione dopo i rovinosi bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale e la costruzione talvolta abusiva di nuovi edifici, ha portato l’ex Stazione di Vedetta ad essere circondata da diverse strutture, ma nonostante tutto è riuscita  con la sua forte presenza, a rimanere l’unico manufatto ricordato e menzionato.

Note storiche

L’ex Stazione di Vedetta è stata costruita dal Genio Militare per la Marina di Venezia a cura della Sezione Autonoma del Genio Civile di Rimini. L’edificio, nato in sostituzione di una torre a pianta esagonale andata distrutta a seguito degli eventi bellici,  riproduce con una certa fedeltà linee e volumi del progetto non realizzato della Casa del Marinaio risalente all’anno 1933.
Il manufatto a forma di U a cui si accedeva dal cortile racchiuso fra le due ali, era costituito da due corpi di fabbrica di un solo piano dove erano collocati i locali per i marinai oltre ai due appartamenti per sottufficiali e da una torretta a pianta semicircolare di tre piani contenente le sale apparati e la postazione di vedetta.
La funzione principale a cui l’edificio doveva assolvere, quella di segnalazione e di vedetta, si è svolta fino al 1954allorché è stata imposta la chiusura del servizio. Le attività che successivamente sono state svolte consistono nella segnalazione di presagio di tempesta e in appuntamenti R.T.F. (segnali di radio trasmissione fonia caratterizzati dalla non intercettabilità).
Attualmente essendo completamente mutato lo scenario, l’edificio non solo non esplica più la sua funzione originaria, ma esemplifica la perdita di significato architettonico che questo tipo di costruzione ha subito nel tempo. Questa considerazione rende più che mai viva la necessità di salvaguardare manufatti che, serbando in sé la pur breve memoria di un’epoca, senza adeguati interventi sono fatalmente condannati all’estinzione. 
Allo stato attuale l’edificio assolve ad una triplice funzione, di cui una a valenza sociale con la sede dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia in congedo “Gruppo Domenico Ghezzo” (dal nome del nocchiero morto in mare nel 1941, medaglia d’argento al valore militare); una di tipo abitativo con due appartamenti per sottufficiali ubicati nelle ali dell’edificio e l’ultima a carattere commerciale con il bar e il ristorante.

Il progetto di adattamento

La corretta metodologia del consolidamento prevede che a monte di ogni intervento progettuale sia posto un preciso programma di studio i cui punti essenziali sono la ricerca storica, il rilievo grafico e fotografico e l’indagine sulla stabilità del manufatto architettonico.
Il primo approccio all’edificio si è svolto attraverso la realizzazione di schizzi. Nella fase del rilievo a vista è stata effettuata l’individuazione degli elementi architettonici caratterizzanti l’intero edificio, la lettura degli elementi compositivo-strutturali, l’annotazione dei diversi materiali, le rappresentazioni prospettiche dei vani più complessi, l’analisi del degrado ed infine un’accurato studio delle sezioni inerenti le strutture portanti. Il rilievo fotografico inteso come strumento di lettura critica del manufatto architettonico, ha rappresento uno dei punti fondamentali all’interno del programma di studio. È  stato utilizzato sia come complemento agli elaborati grafici, sia come ausilio per l’esecuzione degli stessi. In questa fase sono state affrontate diverse tematiche, alcune delle quali riguardanti le qualità spaziali, altre quelle figurativo-espressive e in ultimo quelle strutturali. La consistente documentazione fotografica ha composto un particolareggiato rilievo nel quale ogni elemento costitutivo dell’intero edificio è stato fissato costituendo così una solida base per la definizione grafica del manufatto architettonico. Non è stato comunque sufficiente nel corso del rilievo un’osservazione scrupolosa e sistematica, ma è risultata indispensabile un’approfondita indagine storico critica che, attraverso strumenti e metodi di lettura articolati e diversi, ha consentito di arrivare alla comprensione e valutazione dell’opera. Da tempo d’altra parte, è stato superato il concetto di rilevamento della città inteso come corretta misurazione di un edificio o di un contesto urbano. Il rilievo architettonico non è quindi una più o meno diligente restituzione grafica, ma si configura in realtà come una operazione più complessa e articolata. Tra le possibili analisi, un posto non secondario è stato occupato dall’indagine storica. Se l’affermazione risulta scontata nel caso di edifici che presentino evidenti valenze artistiche e monumentali, appare spesso trascurabile quando l’oggetto del rilievo è costituito da un’architettura “minore” o molto spesso tale solo in apparenza. In realtà, nessun edificio può essere analizzato senza confrontare il suo processo di formazione con il suo specifico contesto storico. La ricerca storica non è mai fine a se stessa, ma risulta indispensabile per conoscere e comprendere l’evoluzione di un edificio. Una lettura limitata alla dimensione storica, bibliografica o archiviale senza il supporto di una attenta analisi degli elementi costituenti il manufatto, rischierebbe di restare troppo astratta e non sufficientemente collegata alla realtà fisica dell’edificio e talvolta viziata da pregiudizi formali e tipologici; per contro, un rilievo acritico potrebbe esaurirsi nella semplice restituzione grafica di una realtà oggettiva, mentre l’uso combinato delle due metodologie consente una lettura puntuale che può spingersi in alcuni casi a ricomporre la configurazione originaria dell’edificio e le sue successive fasi evolutive.
Dalla revisione e dalla sintesi di tutto il materiale rinvenuto e dal confronto con la documentazione fotografica, è stato possibile tracciare un profilo storico critico del manufatto oggetto di studio. La restituzione grafica del rilievo geometrico è stata condotta con la massima scientificità al fine di documentare nella maniera più corretta possibile il manufatto architettonico.
Questo studio nasce dalla volontà di salvaguardare un edificio che possiamo considerare come documento storico di una tipologia di architettura, quella militare, in via di estinzione. L’ex Stazione di Vedetta non possedendo elementi architettonici  e decorativi di particolare pregio monumentale ed artistico, risulta priva di quei caratteri che molto spesso, ancora oggi, sono segni importanti per riscuotere interesse e consenso in grado di concretizzarsi in un serio e attento intervento di recupero. Il suo valore rimane quello di oggettiva presenza storica. L’edificio si è ampliato e trasformato nel tempo secondo utilizzazioni ed esigenze diverse, adattandosi molto bene ad una realtà socio economica e politica completamente differente rispetto a quella originaria. L’attuale configurazione plani-volumetrica presenta caratteri dissimili tra loro che non hanno però snaturato il progetto originario.
Per la importante posizione e nel rispetto della conformazione strutturale, l’ex Stazione di Vedetta potrebbe essere oggetto di diverse proposte di riutilizzo funzionale legate ad attività culturali e sociali. L’ipotesi più plausibile è quella di un Museo della marineria con spazi espositivi, laboratori multimediali, sale per convegni, sala di proiezione, biblioteca, spazi didattici, locali di ristoro e infine   una terrazza panoramica. In questa ottica non è utopistico pensare che l’edificio possa rappresentare il fulcro del porto dal punto di vista storico: sarebbe un’interessante occasione per far conoscere un segmento delle vicende della città di Rimini ai suoi abitanti e ai turisti che vi affluiscono in grande numero.
Nell’ambito di questa prospettiva è stata approfondita l’ipotesi del consolidamento e dell’adattamento a nuove funzioni sia dal punto di vista tecnologico che da quello inerente la progettazione strutturale, attraverso una serie di interventi mirati che hanno ridotto al minimo le modifiche.
La riorganizzazione distributiva dell’edificio non si basa solo sulla razionalizzazione degli spazi, ma rispetta gli accorpamenti volumetrici. Le relazioni esistenti tra le configurazioni spaziali sono causa della localizzazione delle diverse funzioni.
Alla base del progetto di riconversione funzionale c’è la volontà di non creare squilibri dannosi all’edificio, considerandolo in maniera organica, dotato di una propria identità.
Oltre ai valori funzionali attuali e a quelli ancor più qualificati previsti nell’ipotesi di consolidamento, non sono da trascurare i pregi estetici dell’edificio che il progettista ha saputo esprimere da un lato attraverso la composizione volumetrica, dall’altro mediante una sorta di dinamismo che sembra assimilarlo ad una nave pronta a salpare.

Le Tavole

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